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Controvento, in una stagione di imperialismo di attrito, per un movimento disfattista e antimilitarista

L’insediamento di un comando NATO a Firenze è solo uno dei tanti segni di una stagione di nuova militarizzazione. Nelle scuole si diffonde una cultura di guerra, nelle università si stringono le fila dello sviluppo tecnologico bellico (vedi Leonardo), l’Italia spedisce la portaerei Cavour ad esercitarsi a Singapore e in Australia (dall’altra parte del mondo), Draghi e Letta (gli ex primi ministri di governi tecnici e di centrosinistra) scrivono rapporti per la competitività che delineano un riarmo continentale sorretto dallo sviluppo di grandi imprese europee, mentre in molti paesi si discute di un ritorno a qualche tipo di leva di massa. Tutto questo accade perché nell’orizzonte degli eventi si staglia la possibilità di un conflitto globale, che ha bisogno di mobilitare società ed economia, che ha bisogno di un esercito di massa (come si vede nei campi insanguinati dell’Ucraina).

L’invasione russa segna un passaggio: non è più stagione di interventi neocoloniali, conclusi con il macello iracheno, il suo passaggio all’area di influenza iraniana e l’indecorosa fuga da Kabul. Questa guerra è un prodotto delle Grande crisi iniziata nel 2006/09, la conseguenza di una gestione capitalistica della crisi che ha sospinto la tessitura di aree economiche e la ripresa di guerre commerciali (vedi i chip). L’Ucraina è terra di confine tra imperialismi deboli (quello russo, centrato su un capitalismo rentier e i residui del complesso militar industriale sovietico, e quello europeo, multipolare e attraversato da propensioni diverse, tra sviluppo euroasiatico e strategia atlantica) e tra le aree di influenza dei principali poli mondiali (la potenza declinante USA e il nuovo imperialismo espansivo cinese). In quel conflitto sono tutti coinvolti: l’aggressiva volontà di potenza russa, sostenuta dalla profondità economica e politica della Cina, in un impegno bellico alimentato dalla NATO, segnato dal macello di centinaia di migliaia di soldati e da una progressiva escalation (la distruzione di Nordstream, il tracimare in Russia, l’uso di armi sempre più distruttive). Il Parlamento UE vota quindi a luglio per il sostegno militare all’Ucraina per tutto il tempo necessario e in qualsiasi forma (tra cui La France Insoumise) e oggi per la revoca delle restrizioni all’uso di armi europee sul territorio russo (tra cui Die Linke e sinistra svedese, danese e finlandese).

Siamo in una stagione di attrito interimperialista, in cui ci si prepara alla possibilità di nuove guerre mondiali, anche tramite destre nazionaliste e reazionarie, nazionalizzazioni di massa e possibili derive fasciste (non sospinte da una minaccia rivoluzionaria, ma dalle contrapposizioni tra blocchi). In questa dinamica, in Palestina prosegue senza controllo un massacro quotidiano, con crimini di guerra continui e tentazioni di pulizia etnica, con un aggressione israeliana che si proietta in Libano e con operazioni mirate in Siria o Iran. La logica di guerra si estende, in una dinamica comunitaria in cui nelle giuste ragioni della resistenza palestinese si impongono prospettive reazionarie, che cancellano ogni ipotesi di rivolgimento sociale (unica reale via di uscita dalle barbarie).

Dobbiamo quindi contrastare ogni derive nazionalista e ogni logica di blocco. Bisogna, cioè, denunciare le tendenze della Grande Crisi, lo sviluppo della competizione e lo scontro tra poli capitalisti: il ruolo e l’azione del nostro imperialismo [NATO, UE e Italiano], ma anche quelli emergenti della nuova volontà di potenza Russa e soprattutto della Repubblica popolare cinese.

AMR CONTROVENTO

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