Sabato 7 ottobre il gruppo armato palestinese integralista islamico e reazionario Hamas ha lanciato un’offensiva militare oltre il muro e le recinzioni che dividono il territorio della Striscia di Gaza dallo stato sionista i kibbutz, e i centri abitati israeliani più vicini. Secondo le fonti ufficiali del governo sionista, ha causato la morte di circa 1400 israeliani, tra loro tantissimi civili, un numero imprecisato di feriti e più di duecento ostaggi trasferiti dentro Gaza tra militari e civili. La risposta sionista è stata quella di dichiarare una guerra indiscriminata alla popolazione della Striscia di Gaza mettendo sullo stesso piano sia i civili che le milizie armate di tutte le formazioni presenti, ma anche gli stessi ostaggi prigionieri. Ad oggi si contano quasi 10.000 morti tra i quali migliaia di bambini, massacrati sotto incessanti e brutali bombardamenti. La popolazione palestinese vive l’orrore insieme al blocco totale dei valichi di confine e l’azzeramento della distribuzione del cibo, della rete idrica ed elettrica e di tutte le comunicazioni. Senza contare la distruzione degli ospedali e dei mezzi di soccorso. Altrettanto drammatica la situazione in Cisgiordania dove i coloni appoggiati dall’esercito stanno cacciando la popolazione palestinese dai piccoli villaggi agricoli vicini alle colonie e usando violenze inaudite contro chi resiste. Qui ad oggi le uccisioni sono intorno alle due centinaia.
Gli USA ed Israele si sono rivelati per l’ennesima volta portatori di una violenza cieca. Ma questa è solo una faccia della realtà fatta di competizioni e scontri tra blocchi imperialisti e ognuno di questi si muove alla ricerca dei propri interessi. Sono tutti coinvolti. La Palestina con Gaza e Cisgiordania sono parte di un campo di battaglia globale ed ogni potenza cerca di conquistare il suo bottino di influenza a scapito dei concorrenti. I pezzi nella scacchiera mondiale sono molti ma, si stanno muovendo per la cessazione di quella che a tutti gli effetti è un apocalisse e un genocidio?
L ’Unione Europea, che spesso si immagina di essere il centro più umanitario e democratico del campo occidentale? Le Nazioni Unite, che teatralmente esistono per mostrare una scenografia di falsa democrazia della cosiddetta “comunità internazionale”? L’imperialismo russo o quello cinese che dicono di opporsi ipocritamente al neocolonialismo e all’imperialismo occidentale? Gli stati arabi e musulmani del Medio Oriente, che affermano di essere i paladini della causa palestinese opprimendo e sterminando intanto le comunità sotto il loro dominio? Persino il governo italiano, l’anello più debole del campo occidentale si è astenuto nell’inutile risoluzione dell’ONU che chiedeva la cessazione dei combattimenti mostrando senza condannare i bombardamenti incessanti sulla popolazione di Gaza, tutta la sua sudditanza ad USA ed Israele. La voce ricorrente è “Israele ha il diritto di difendersi”. In realtà è ognuna di queste pedine che ha degli interessi propri da difendere.
I governi russo e cinese non si preoccupano della liberazione della Palestina. Perché non agiscono? Seguono i propri interessi economici politici e strategici e quindi non si oppongono con decisione ai bombardamenti sulla popolazione araba, all’azzeramento dei diritti democratici, all’occupazione delle loro terre e all’apartheid.
La Russia alleata della dittatura di Assad nel 2018 ha coordinato senza remore morali, la distruzione del campo profughi palestinese di Yarmouk vicino a Damasco perché l’opposizione della popolazione al regime era diventata un problema. Dopo l’insediamento di Vladimir Putin in Russia inoltre è arrivato il brutale sradicamento dei separatisti in Cecenia trasformando le città e i villaggi in un deserto fatto di macerie.
L’imperialismo cinese non si è espressa apertamente con una posizione sulla guerra di Gaza e la repressione in Cisgiordania perché come Israele, sta effettuando la pulizia etnica di una popolazione musulmana. Gli uiguri dello Xinjiang subiscono un simile processo di colonialismo di insediamento. Per non parlare del suo silenzio economicamente interessato dei massacri dei civili musulmani rohingya da parte del governo reazionario del Myanmar. Inoltre i media cinesi non fanno nulla per limitare l’islamofobia nell’ opinione pubblica. Con quale livello di ipocrisia politica il governo cinese muoverebbe critiche verso i blocchi imperialisti concorrenti che non affrontano la questione dei legittimi diritti della popolazione palestinese di Gaza e Cisgiordania?
Ogni blocco imperialista ha i suoi scheletri nell’ armadio che coprono con la propaganda e la mistificazione genocidi, apartheid, neocolonialismi attraverso l’islamofobia e razzismo.
E’ l’imperialismo americano quello più interessato a lasciare mano libera al governo sionista a spese dei palestinesi. La messa in discussione dopo il 7 Ottobre degli accordi di Abramo ovvero il pieno riconoscimento di Israele da parte delle nazioni arabe in cambio di accordi strategici economici in Medio Oriente gestiti dagli interessi americani, mette l’amministrazione americana adesso nella posizione di concedere maggiori aperture che blocchino un allargamento del conflitto in tutta l’area. A fronte di ipocrite e ciniche richieste di pause dell’attacco sionista su Gaza per motivi umanitari, gli USA lasciano campo libero al governo Sionista nella sua operazione di una non tanto velata strage e deportazione dei palestinesi verso un oscuro futuro e non fanno nulla per fermare questa barbarie. l viaggi mediorientali del segretario di stato Blinken per la propagandata opera verso una ipotetica “pausa umanitaria”, sono alla realtà dei fatti incontri per chiarire ai vari attori dell’area mediorientale che gli Usa si porranno a guardia di eventuali trascrescenze in zona. La solita diplomazia e le solite minacce. Non ha caso Blinken ha dichiarato che la pace secondo gli USA passa attraverso il controllo futuro di Gaza da parte della eterodiretta e depotenziata ANP del vecchio presidente Mahmūd Abbās oramai senza credito in tutta la Palestina.
Gli interessi dei paesi arabi nell’ area, fanno parte di questa cinica scenografia. Ognuno di questi vede nei palestinesi una fastidiosa e pericolosa presenza. Il solo fatto che demograficamente raggiungono sparsi in tutto il mondo più di dieci milioni di presenze, potenzialmente la deportazione di una parte di queste verso l’Egitto, la Giordania o altri paesi vicini, potrebbe essere una gestione pericolosa. Lo ricorda molto bene la famiglia reale della Giordania che dovette affrontare nel 1970 la presenza scomoda dei combattenti della resistenza palestinese in conflitto con Israele rifugiatesi nelle zone di confine ma anche politicamente antagonisti alla monarchia. L’Egitto viceversa ricorda molto bene le rivolte di massa organizzate dai Fratelli Musulmani parte politica madre dalla quale proviene Hamas. E’ da considerare inoltre che la situazione in corso metterebbe in discussione i progetti in corso israeliani-egiziani per lo sfruttamento degli enormi giacimenti di gas naturale ad ovest di Gaza.
Gli stessi Hezbollah in Libano sopportano la presenza politica di formazioni per loro poco controllabili e problematiche nei campi profughi come il PFLP o DPFLP ma anche di Hamas e Jihad islamica. Il discorso del capo di Hezbollah, Nasrallah alle migliaia di seguaci è stato altrettanto chiaro, oltre ai soliti slogan antisionisti e antiamericani sulla volontà di non entrare apertamente nel conflitto. Le altre nazioni arabe dell’area hanno tutte propri interessi per lasciare alla deriva i palestinesi. La Siria segue le indicazioni della Russia sul come agire. Cioè, quasi nulla. L’Arabia Saudita dopo il 7 ottobre si è vista sfumare per ora i vantaggiosi “regali” sul nucleare civile da parte USA in cambio degli accordi di Abramo con Israele e per questa ragione resta in disparte. Da marzo è in corso poi un processo avanzato di normalizzazione tra l’Iran e l’Arabia Saudita visto malissimo da Israele che vedrebbe indebolita le alleanze anti-iraniane. Altri Paesi della regione restii ad avere contatti con Teheran per timore di perdere il sostegno saudita o americano con la normalizzazione in corso, stanno ora cercando di riavvicinarsi all’Iran, per i vantaggi che questo porterebbe. In prima fila la Turchia di Erdogan. Il governo turco ambiguo e fuorviante nella sua propaganda resta un interlocutore affidabile sia dentro la NATO che paradossalmente per la stessa Israele. Nonostante le pesanti affermazioni di Erdogan contro Israele e il suo governo e l’appoggio dichiarato verso Hamas, nei fatti le sue restano soltanto parole. Erdogan “pesta i piedi” per non essere per ora considerato dentro il progetto del grande gasdotto Poseidon EastMed che coinvolge Israele-Cipro-Grecia-Italia e tutta l’area del Mediterraneo. Ma per le trattative c’è ancora spazio e la Palestina entra a pieno titolo nella propaganda turca che intanto non perde tempo a dichiarare che i veri soli “terroristi” sono i kurdi del PKK.
Paradossale è anche il ruolo di Qatar. Molto collaborativo ed amico dell’imperialismo americano lo è anche con Israele con il quale stringe rapporti commerciali gioca il suo ruolo dentro il Consiglio di cooperazione dei paesi del Golfo insieme ad Arabia Saudita, Baḥrein, Emirati Arabi Uniti, Kuwaite e ‛Omān. In Qatar si è stabilita un importante ed influente parte di borghesia palestinese nella quale spicca la presenza della dirigenza politica di Hamas. Infatti se il Qatar ha rapporti con Hamas e Gaza nello stesso tempo non subisce attacchi e critiche da parte dell’ imperialismo d’occidente dove spicca la parte europea con la quale ha rapporti politici commerciali molto saldi che gli ha affidato il ruolo incontrastato (ma interessato) di paese mediatore della crisi.
Viceversa, nello Yemen sono presenti sostenuti dall’ Iran gli Ansarullah, i Partigiani di Dio l’ala militare degli Houthi la forza separatista nel nord in lotta con governo centrale di Sanaa legato all’ Arabia Saudita e gli americani e contro Israele. Questa presenza però è poco controllabile dallo stesso Iran. Dopo i primi bombardamenti sionisti su Gaza gli Houthi hanno effettuato dei lanci missilistici contro Israele andati a vuoto. L’Iran ha in corso un processo di normalizzazione con l’Arabia Saudita e certamente questi attacchi non favoriscono i suoi interessi e tra questi i palestinesi non sono una priorità. Bisogna perdipiù ricordare che l’Iran è anche il principale fornitore di petrolio e gas della Cina che ha tutto l’interesse che nell’area non si allarghino i conflitti.
Gli interessi europei sono tutti strettamente legati al potere sionista e in difesa degli interessi capitalistici commerciali attraverso il solito mantra “Israele ha il diritto di difendersi” e chi si schiera in nome della resistenza palestinese viene tacciato di antisemitismo. Vengono vietate le manifestazioni pro Palestina come in Francia Inghilterra o Germania. Nello stesso tempo Emmanuel Macron diventa ultra-imperialista “umanitario” con la proposta di una massiccia coalizione internazionale per invadere Gaza alla ricerca unicamente di uno spazio come potenza, mentre il suo alleato sionista si “difende” sterminando i palestinesi.
La solitudine politica dei palestinesi è drammatica. Ma questa solitudine non è un isolamento.
Esistono due realtà. C’è la realtà composta dai vari imperialismi in attrito tra loro, fatta di calcolali politici capitalistici su come trasformare la crisi attuale a proprio vantaggio ed estendere la propria potenza militare e rafforzare le proprie coalizioni con altri oppressori.
C’è anche la realtà degli oppressi. In tutto il mondo la loro solidarietà con i palestinesi sfida le menzogne dei propri governanti chiedendo la liberazione della Palestina dal colonialismo, l’apartheid e dal sionismo. Si sono presentate sulla scena persino proteste ebraiche antisioniste molto importanti. A livello internazionale i governi delle classi dominanti si organizzano per imporre i loro programmi al mondo e spesso in contraddizione.
Un organizzazione globale degli oppressi può ribaltare questo oscuro futuro. Il nostro compito come marxisti rivoluzionari è quello di portare la lotta di classe protagonista nell’ autodeterminazione dei popoli contro gli imperialismi, il colonialismo il sionismo e l’apartheid.
E’ necessario fare anche i conti con le conseguenze dell’avventurismo fondamentalista di Hamas forse dettato anche da una reale disperazione della popolazione di Gaza e Cisgiordania. La lotta per La liberazione della Palestina dal sionismo e il colonialismo è indissolubilmente legata alla lotta per la realizzazione un programma transitorio verso la rivoluzione socialista. Il massacro compiuto da Hamas nel sud di Israele è la dimostrazione di un pesante freno da superare perché gli oppressi e i lavoratori sfruttati palestinesi dovranno comunque lottare contro la sua borghesia anche se il sionismo dovesse perdere il confronto con le aspirazioni nazionali palestinesi. Il nemico della Palestina è lo Stato criminale sionista e solo insieme la classe operaia palestinese e israeliana possono abbattere il sionismo. Ora però la nostra priorità di marxisti rivoluzionari è quello di lottare per la cessazione del genocidio di Gaza e per la dignità di una popolazione schiacciata anche dalle falsità dell’opprimente informazione dominante.
Ruggero Rognoni – AMR Controvento
5 Novembre 2023