pubblichiamo la traduzione curata dalla redazione di un nota del Comité Exécutif du NPA
Tempi bui per Macron e i suoi sostenitori politici e padronali.
Questa nuova giornata di scioperi e manifestazioni del movimento contro la riforma delle pensioni, dopo quella del 16 febbraio e la lunga chiusura delle vacanze scolastiche, ha confermato in modo spettacolare la profondità del movimento e della rabbia. In molte città, grandi e piccole, il numero di persone presenti alle manifestazioni è stato il più alto di sempre.
Stesse caratteristiche delle precedenti manifestazioni: pluralità di settori, pubblici o privati, piccole o grandi aziende, qui e là commercianti che avevano chiuso i negozi, e ancora manifestanti e scioperanti alle prime armi! Anche i giovani, a volte nei cortei universitari (da notare gli studenti di “arte” e “architettura”, particolarmente mobilitati) oppure isolati, ma la cui presenza dava ai cortei un sapore giovanile (a differenza dei cortei sindacali tradizionali). Le scuole superiori, ma molto meno organizzate, più disperse degli universitari (si noti che abbiamo animato cortei studenteschi in diverse città, il movimento è in fase di in ascesa, anche se parte lentamente e se le assemblee generali nelle università raramente superano le 300-400). Questo non impedisce che il movimento si riprenda.
Il numero ma anche l’inizio di scioperi prorogabili… verso lo sciopero generale?
La forza numerica e la determinazione a respingere la riforma espressa dalla moltitudine e l’inventiva dei cartelli sono state rafforzate dagli scioperi prorogabili lanciati questo martedì 7 marzo in vari settori (trasporti, porti, trasporto su strada, energia, istruzione nazionale qui o là).
Prorogabili per quanto tempo? Sicuramente due giorni per i ferrovieri, ma forse anche di più, perché al 7 marzo segue una possibile proroga l’8 marzo, per partecipare alla giornata internazionale dei diritti delle donne, e forse un 9 marzo indetto dalle organizzazioni giovanili (a cui fanno anche eco dei militanti della CGT, che sostengono l’UNEF)… E da giovedì si può continuare fino a sabato 11 marzo, giorno di una nuova manifestazione indetta dall’Intersindacale che si è riunita la sera del 7 marzo (per un appello e sul cui discutibile contenuto, scriviamo sotto).
Questi scioperi prorogabili, anche se riguardano ancora solo alcuni settori, sono un punto d’appoggio per mobilitarsi a favore dello sciopero generale, una prospettiva che per alcuni sta prendendo forma. Molto più diffusamente che all’inizio del movimento, si esprime la sensazione che non si possa continuare a mettere insieme giornate di manifestazioni come questa. I “blocchi” di strade e rotatorie (con un piccolo assaggio di gilet gialli) hanno contribuito a indurire la situazione, a rendere più acuta la consapevolezza che dobbiamo cambiare marcia per vincere. Dobbiamo e possiamo vincere! L’evidente ed enorme successo di questa giornata, a cui i media non potevano non dare ampia eco, dovrebbe dare fiducia. Dobbiamo battere il chiodo su questo punto. Riforma non emendabile né negoziabile, ritiro! Sciopero generale!
Qualche frustrazione… e gli sforzi per continuare
Detto questo, noi (e molti altri attivisti) continuiamo ad affrontare problemi di organizzazione democratica del movimento posti da parte di coloro che vi partecipano. Diversi compagni hanno notato che non ci sono molti striscioni aziendali nei cortei (sta a noi insistere perché ce ne siano, dove possiamo), che non molte aziende partecipano ai cortei in modo organizzato. Le forme di organizzazione, le assemblee generali o anche le strutture “intercategoriali” rimangono poche e lontane tra loro, spesso riunendo solo attivisti sindacali e politici e pochissimi scioperanti oltre a questi. Naturalmente, le manifestazioni rimangono una forma di organizzazione e un luogo di discussione che dovremmo incoraggiare e utilizzare, vi si possono organizzare piccole “riunioni”. Ovviamente lo sciopero dei trasporti rende spesso difficile partecipare, sia a una assemblea generale nella propria azienda, sia ad una manifestazione.
Ma le manifestazioni non sono sufficienti, i manifestanti e gli scioperanti devono discutere e decidere del loro movimento, quindi devono darsi delle strutture e una direzione e non lasciare il movimento nelle mani dei leader sindacali o politici. I nostri sforzi devono continuare in questa direzione (le riunioni degli scioperanti sono all’ordine del giorno!), ma in questa fase siamo ben lontani dall’aver risolto il problema e, come molti altri attivisti, rimaniamo in qualche modo frustrati dalla situazione. Tra i ferrovieri, ad esempio, a parte alcune città in cui ci sono state le assemblee generali (tra cui Tours, Nantes e, in misura minore, Strasburgo, dove è stato eletto un comitato di sciopero), la partecipazione è rimasta bassa (una cinquantina di ferrovieri, quasi solo militanti, nelle stazioni parigine). La situazione sembra simile tra gli insegnanti. Anche le riunioni “intercategoriali” non sono molto partecipate. Dobbiamo continuare a impegnarci in questa direzione!
Con alcune buone ragioni che stanno dando i loro frutti: le assemblee generali possono essere costruite o rafforzate in questi due giorni proprio perché è la prima volta che ci sono diversi settori in sciopero prorogato allo stesso tempo. Soprattutto nel quadro intercategoriale, perché le minoranze di scioperanti devono raggrupparsi per portare avanti le azioni.
Qualche parola sugli ostacoli che verranno
Con il movimento che continua e prende coscienza della sua forza (possiamo dirlo) e addirittura passa a una nuova fase di ricchezza e determinazione, la pressione del potere sulle leadership riformiste si farà sentire sempre di più. Ci sono già alcuni segnali in tal senso, sia sul fronte politico che su quello sindacale.
Scioglimento, referendum? No, è la strada che governa!
È ora, in questo momento in cui le cose si fanno un po’ più serie, o addirittura la situazione è un po’ “calda” per Macron, che Mélenchon propone due opzioni al governo (su BFM-TV): lo scioglimento dell’assemblea o un referendum. Entrambe sono istituzionali e di fatto si oppongono al movimento, perché sono la strada e gli scioperi a governare – è lì che si decide e non nelle urne – dobbiamo difenderlo con le unghie e con i denti!
Chiedere di incontrare Macron? Per discutere di cosa, visto che la richiesta è il ritiro?
La sera del 7 marzo è stato pubblicato un comunicato stampa dell’Intersindacale (IS), che non è insignificante! Non è insignificante ed è indicativo della volontà di condurre il movimento in un vicolo cieco. Ciò si traduce in questa assurda richiesta dell’IS “di farsi ricevere con urgenza” da Macron. Per discutere di cosa, visto che la rivendicazione è il ritiro? L’obiettivo sarebbe quello di far rompere al presidente il suo “silenzio, che costituisce un grave problema democratico che porta inevitabilmente a una situazione che potrebbe diventare esplosiva”! Ma è proprio l’esplosione sociale che potrebbe permetterci di mettere le cose in chiaro contro i padroni! E non è la parola di Macron che ci aspettiamo – l’abbiamo sentita fin troppo spesso – ma che taccia di fronte ai milioni che siamo e che si adegui o se ne vada!
Con questa posizione istituzionale da pompiere di una possibile esplosione sociale, l’Intersindacale si pone come interlocutore, come “corpo intermedio” responsabile che cerca di raccogliere i frutti dei sei giorni di azione e manifestazione che hanno visto il ritorno di una forma di vigilanza sindacale, in contrasto con l’esplosività dei gilet gialli.
Hanno paura di un’esplosione sociale e di un movimento che si trabocca? Noi NO!
La posizione del IS è sostanzialmente la stessa di Mélenchon e di tutto il NUPES che lo stesso giorno ha chiesto lo scioglimento o il referendum, cioè uscite di emergenza politica di fronte alla possibile esplosione sociale. Ma se la sinistra e l’intersindacale sentono il bisogno di esprimersi in questo modo proprio ora, è proprio perché si sta aprendo una fase che può sfuggire loro di mano e sfuggire a tutti i calcoli (che è quello che noi auspichiamo). Se queste persone non vogliono l’esplosione sociale, è perché questa avverrà senza di loro. Tanto peggio e tanto meglio.
Il movimento si è rafforzato anche oggi, sui suoi punti di forza – il numero di manifestazioni, la determinazione, l’ancoraggio regionale e pubblico/privato, lo sciopero – e può superare la sua debolezza – il fatto di essere limitato a giorni. Continua domani (proroga per i ferrovieri, i netturbini, la RATP, l’energia, l’istruzione…) con la manifestazione per le lotte femministe, giovedì con la manifestazione dei giovani (queste due giornate sono convocate nel comunicato del IS, che è uno dei pochi punti di appoggio che contiene). Invece di insistere e d’invitare chiaramente i settori che possono a fermarsi e gli altri a unirsi a loro, l’IS sta programmando una manifestazione questo sabato (logico) e un’altra il mercoledì successivo, tornando al precedente ritmo di giorni.
Forse ancora più grave delle questioni di calendario è il fatto che esso si stia allineando al calendario parlamentare (abbiamo scoperto l’esistenza di una “commissione mista” il 15 marzo), dopo aver superato il circo dell’assemblea nazionale nella prima metà di febbraio.
Tutte queste cautele istituzionali, questi tentativi di portare il movimento in un vicolo cieco non devono preoccuparci o scoraggiarci. Mostrano la possibilità di un movimento che deborda – per certi versi lo ha già fatto. Sta a noi, invece, spingere il movimento fino in fondo alle sue possibilità, che sono immense, e fare politica: 8 marzo, 9 marzo con i giovani e continuiamo. E vi invitiamo al nostro fine settimana di assemblee dei lavoratori per elaborare l’equilibrio e le prospettive politiche in questa situazione entusiasmante!