Dopo anni ed anni di minuzioso lavoro che ha visto contrapposte due fazioni gli operai ed il lavoro da una parte e la salute e l’ambiente dall’altro lato, stiamo probabilmente giungendo al capitolo finale con un risultato a mio avviso scontato: la sconfitta di entrambe le fazioni. Purtroppo non è un libro ma la realtà di una città, la mia città Taranto.
La quasi certa chiusura dell’ex Italsider, ex Ilva e quasi sicuramente ex Arcelor Mittal, rappresenterà la sconfitta non solo di un’intera città Taranto ma di tutto il popolo italiano. La riconversione della città in un altro chissà cosa e la sua eventuale bonifica rischia di diventare un boomerang, con il rischio che l’intera città diventi una cattedrale nel deserto. È invece da intraprendere una strada, molto più difficile e complessa, che salvaguardi contemporaneamente i posti di lavoro, l’ambiente e la salute. Quello che serve è una nazionalizzazione dell’azienda sotto controllo dei lavoratori e dei cittadini. Serve una reale svolta dal basso e non i soliti teatrini politici, le sfilate dei tanti politici che hanno solo illuso e distrutto la vita di centinaia, forse migliaia di cittadini e di lavoratori della città dei due mari unicamente per i propri scopi ed interessi. Troppi morti abbiamo avuto sia per gli incidenti sia per l’ inquinamento. Troppi danni all’ ambiente, al mare alla flora ed alla fauna. Terribili i danni perpetrati anche economicamente all’ intero tessuto produttivo ionico. Si deve invertire la rotta. Con la nazionalizzazione si deve pensare ad un altro modo di produrre acciaio: farlo in modo pulito. Per poter ottenere questo risultato, bisogna coinvolgere tutti i settori della società: dai lavoratori ai cittadini, dai medici all’ Università. Ci sono diversi esempi già oggi presenti a livello mondiale, si pensi ai sistemi produttivi basati su “COREX” e “FINEX”. Questi impianti sono già operanti in vari Paesi del mondo. Possono essere delle soluzioni che superano quelle della sinterizzazione, che emettono diossina ed altri polveri sottili in aree abitate. Negli stabilimenti dove sono presenti processi di Corex e di Finex, in cui viene impiegato direttamente il minerale raffinato e la polvere di carbone, il forno di sinterizzazione e la cokeria non sono più necessarie e c’è una notevole riduzione dell’inquinamento: 90% in meno di sostanze tossico-nocive e 98% in meno di contaminazione dell’acqua, oltre a ridurre i costi di energia e di produzione. Altro sistema ed altre realtà a pochi Km dal confine italiano è quella di Linz, in Austria, una città che può essere paragonata a Taranto. Una città di 200 mila abitanti che fino a qualche decennio fa era una delle città più inquinate per l’acciaio ed oggi dati alla mano, l’unico fattore inquinante è quello su gomma. Tutto questo si è attenuto attraverso lo sviluppo del cosiddetto processo “MEROS” (Maximized Emission Reduction Of Sintering – Riduzione massimizzata delle emissioni dell’agglomerato) che ha consentito di ridurre le emissioni entro i valori fissati dall’Amministrazione comunale di Linz. Nello specifico si tratta di una serie di trattamenti in cui le polveri e i componenti inquinanti ancora presenti nelle emissioni dopo il passaggio nei filtri elettrostatici vengono ulteriormente abbattute con ulteriori trattamenti di ricircolo e di filtraggio. A Linz il processo MEROS è stato implementato nel 2007 ed è attualmente considerato il più moderno e potente mezzo per ridurre le emissioni, si calcola che consenta una riduzione fino al 90% di anidridi solforose, polveri sottili, metalli pesanti, diossine, furani. Ripensare, trasformando, bonificando il più grande centro siderurgico d’Europa, significa mettere in moto e mettere intorno ad un tavolo tutta una serie di attori che con le loro competenze, specificità possono dare un contributo serio al nuovo sviluppo che può prendere la città. Se ognuno saprà svolgere il suo compito, la città potrà essere un caso da studiare, potrebbe essere un modello da esportare.
Si dirà il mercato dell’acciaio è in crisi, tutti stanno pagando gli effetti devastanti di tali crisi, vero, verissimo ma bisogna anche capire che questo progetto non è a breve medio periodo ma a lungo periodo. Bisognerà produrre acciaio in maniera diversa da quello che avviene oggi. Si dovrà produrre acciaio di qualità, per questo servirà un contributo fondamentale dell’Università, in primis di ingegneri. Bisognerà lavorare pancia a terra per convertire gli impianti, per bonificare il territorio. Bisognerà bonificare le acque del mare e le falde acquifere. Servirà sviluppare le infrastrutture partendo dal porto e dall’ apertura definitiva dell’aeroporto di Grottaglie che dovrà essere scalo nazionale ma anche internazionale. Migliorare i trasporti ferroviari. Bisognerà aprire dei centri di studio e di analisi. Avere degli ospedali competitivi ed all’ avanguardia. Si dirà ma i soldi per fare tutto questo dove si trovano? Lo stato sii dovrà fare garante, lo Stato e non i governi o i politici che fanno promesse da marinaio. Bisognerà investire, magari non producendo più F35, magari facendo pagare l’Imu alla chiesa ed alle fondazioni bancarie e assicurative per trovare i fondi per fare partire i progetti. Non bisogna più contrapporre lavoro a salute ed ambiente ma bisogna partire subito. Troppi anni e troppi morti ci sono stati, per unico interesse il profitto. Bisogna dire basta, bisogna rimboccarsi le maniche ed avviare sin da subito un progetto serio e dal basso e non parchi giochi fantasiosi.