[Un confronto nella segreteria del PCL, novembre 2017]
[Questo testo è una lettera inviata dal compagno LS agli altri compagni/e della segreteria del PCL nell’autunno del 2017, poi trasmessa all’insieme del CC, durante la stagione di preparazione alle elezioni politiche del 2018 ed al cartello elettorale “per una sinistra rivoluzionaria”, che evidenzia l’apertura di un confronto politico tra diverse interpretazioni della fase e linee politiche già in quel periodo, sulla scomposizione del popolo di sinistra, la politica di polarizzazione e il senso delle presentazioni elettorali, ben prima della radicalizzazione di quelle divergenze sul fronte dell’intervento sindacale e di massa].
Cari compagni e care compagne,
il confronto avvenuto tra di noi intorno al profilo politico da dare alla lista (comunicato comune PCL-SCR), un paio di discussioni telefoniche lunghe ed accese con Franco intorno ad alcune scelte per la campagna elettorale, alcune indicazioni che se non ho capito male sono state discusse/decise in segreteria, un altro scambio telefonico con Michele e Nicola, mi hanno convinto dell’opportunità di definire per iscritto alcune considerazioni sulla prossima campagna elettorale e sulla stagione che stiamo affrontando.
Cercherò di esprimermi per punti, evitando eccessive argomentazioni, cercando di privilegiare la nettezza sulla complessità di una dinamica che pure presenta diverse tendenze, intrecciate e talvolta persino contrapposte.
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L’attuale dinamica politica presenta due novità significative
, rispetto allo scenario che avevamo presupposto come probabile nei due ultimi Comitati centrali.
1.1 Primo, si è prodotta una rottura della sinistra “istituzionale” in almeno 3 o 4 poli: l’ala “capitolazionista” di Pisapia, tendenzialmente in alleanza con il PD; un soggetto socialdemocratico intorno a MPD-SI-Possibile; un’area “alternativa” intorno a PRC e Clash City workers; i settori “scontenti e delusi” del Brancaccio (Falcone e Montanari), che volevano una lista “costituzionale”, unitaria e dal basso e hanno deciso di saltare il turno. Questa dinamica rende più confuse le linee programmatiche di demarcazione, in quanto le fratture sono avvenute prioritariamente sul terreno della collocazione politica presente e futura (rapporto con il PD), oltre che sulla forma dei soggetti (rapporto con i partiti e con i leader del passato).
1.2 Secondo, sta emergendo un soggetto “alternativo” (che si costituisce sulla base di un’esplicita contrapposizione “strategica” al centrosinistra), centrato sul PRC ma che inaspettatamente veste gli abiti della lista di movimento e conflitto (sia per la direzione di “potere al popolo”/CCW, sia per il tentativo di presentarsi come lista delle avanguardie di/in lotta). Emerge cioè una sinistra “populista e dal basso”, in cui si confonde sino ad evaporare il connotato classista e socialista della sinistra riformista storica (un’altra società basata su una rottura del modo di produzione capitalista in favore di una transizione basata sullo Stato). Sembra cioè emergere, in questo passaggio, un soggetto segnato da un profilo politico democratico radicale e “altercapitalista” (alternativo al capitalismo senza contestarne la radice produttiva). Più vicino quindi a Podemos che a Syriza, più vicino al profilo di DEMA che a quello di Eurostop o della Federazione delle sinistre, ma che al contempo permette ad alcuni settori (PRC e PCI) di lavar via dalla propria immagine il proprio passato e le proprie complicità con il centrosinistra e paradossalmente anche di interloquire con le aree sovraniste e neostaliniste emerse negli ultimi due anni (Eurostop). Un “capolavoro” quindi, costruito nel giro di una settimana, che seppur fragile ed instabile, può affermarsi in questi mesi come punto di riferimento (e segnare quindi gli immaginari e le prospettive) di un settore significativo dell’avanguardia larga (politica e di movimento), forse anche indipendentemente dai risultati concreti.
- In questo quadro, si indebolisce significativamente il nostro tentativo di far emergere un’area classista e internazionalista, sia sul piano dell’unità di azione nei fronti di lotta sociale, sia sul piano politico della costruzione di un cartello elettorale con le altre organizzazioni che condividono questa minimale impostazione programmatica (SA e SCR). Da due punti di vista.
2.1 Primo: le demarcazioni in questa fase si giocano su altri piani, più che sul profilo programmatico. Sul piano politico, come sottolineato anche al termine del punto 1.1, le linee di frattura si producono sostanzialmente sulla collocazione (rapporto con il PD) e la forma dei soggetti (partiti/movimenti). Nelle mobilitazioni sociali, le differenze non si producono dialetticamente nel confronto, ma si sviluppano a priori sul controllo di alcuni settori di lotta e sull’autopromozione delle proprie organizzazioni (G7 a Torino, SOL/SICobas, CGIL, scioperi del 27.10 e 10.11). Il quadro delle divisioni nella sinistra politica e sociale, negli scorsi mesi, sembrava invece definirsi proprio a partire da questioni programmatiche. Pensiamo al 25 marzo (Europa sociale versus Eurostop) o alla stessa dinamica elettorale (divisione tra Campo progressista e una Lista unitaria della sinistra con un evidente profilo socialdemocratico, il PC di Rizzo e noi). Quei terreni si profilavano molto più favorevoli per noi, perché intrecciavano posizionamento politico e profilo programmatico di fondo. Le recenti dinamiche, non solo a livello elettorale ma anche nella mobilitazione (vedi il corteo dell’11 novembre), mettono invece l’impianto programmatico più sullo sfondo, rendendo quindi meno saliente e comprensibile una demarcazione su questo terreno (rendendo quindi più difficile sia il rapporto con l’avanguardia larga, sia un chiaro riconoscimento di massa).
2.2 Secondo, anche in conseguenza della dinamica precedente, diminuisce la pressione sugli altri soggetti a muoversi in questa direzione. Nel congresso (odg conclusivo) identificavamo alcune forze in cui si evidenziava una possibile evoluzione “a sinistra”, sia su un terreno programmatico classista e internazionalista (sottolineatura della centralità del conflitto capitale/lavoro e rifiuto di ipotesi sovraniste/neocampiste), sia su quello di una loro azione politica indipendente (sganciata quindi dall’eterna speranza di uno sviluppo a sinistra delle direzioni centriste e socialdemocratiche – SA; della costruzione di un partito del lavoro di massa in cui svolgere lavoro di frazione – SCR; della spontanea evoluzione politica del conflitto di classe – SiCobas). Quindi identificavamo la possibilità di una loro progressiva demarcazione. In questi mesi, però, abbiamo verificato la difficoltà e la scarsa propensione di alcuni di loro ad impegnarsi concretamente in questa direzione. Il Sicobas, ad esempio, si è mosso solipsticamente sull’autocostruzione, contro tutte le altre organizzazioni indipendentemente dal loro profilo programmatico (rifiuto a cortei comuni su profughi, 27 ottobre, solcobas, centenario); SA ha dimostrato più volte di non reggere una politica di confrontazione con il polo sovranista, accodandosi di fatto a ogni loro iniziativa o appuntamento (25 marzo, elezioni amministrative con liste con PRC e PCI, partecipazione alla conferenza sul “Fattore K” promossa dalla RdC a Roma, 11 novembre, “brancaccino”).
- Una parentesi. In termini generali, questa linea “di fase” definita nell’ordine del giorno conclusivo del congresso (e richiamata nei CC successivi), è oggi oggettivamente messa in discussione.
A dire il vero ultimamente mi è sorto qualche dubbio che questa linea sia stata realmente condivisa dall’insieme del gruppo dirigente. O forse ne esistono altre interpretazioni (legittime quanto le mie). In ogni caso, preferisco chiarirne l’asse di fondo, per verificare possibili incomprensioni o divergenze.
L’obbiettivo di un’unità d’azione con le altre forze classiste e internazionaliste era quello di costruire un processo di polarizzazione nell’avanguardia sociale e politica larga (diciamo, le decine di migliaia di persone, tra 50 e 100mila circa, che sono attive nei movimenti di lotta, nei sindacati, nelle associazioni e nelle mobilitazioni sul territorio), che potesse permettere lo sviluppo di un terreno di costruzione del partito.
Negli ultimi anni il “popolo di sinistra” ha visto disperdersi molti elementi politici e sociali di identificazione, come ha visto ridursi drasticamente i luoghi di incontro e riconoscimento (piazze, feste, cortei, ecc). Le lotte diffuse sono sperse e disperse, socialmente e nei territori, senza che emerga chiaramente nessun settore trainante. Nel contempo il tentativo di stabilizzare una consistente struttura dell’avanguardia comunista e rivoluzionaria, attraverso il processo di raggruppamento nel PCL, non ha raggiunto il suo obbiettivo: il PCL infatti non si è riuscito a sviluppare un sufficiente radicamento nella classe e nei territori, con un’influenza nelle lotte ed a livello di massa (non ha raggiunto l’obbiettivo di fase di 1000/1500 militanti, presenza in tutte le principali grandi città, controllo o ruolo significativo in diversi luoghi di lavoro e settori di lotta, stabilmente sopra all’uno per cento nel consenso elettorale). Il partito ha quindi conosciuto un progressivo logoramento, anche per stanchezza e divisioni. Si pone in questo quadro (e ci si poneva esplicitamente al congresso) il problema dell’assenza di una concreta strategia di sviluppo nel medio periodo, in mancanza di una superficie di contatto di massa sufficientemente estesa e di un’evidente dinamica, politica e/o sociale, su cui innestarsi.
In attesa di un progetto compiuto (basato sull’evoluzione di una più chiara dinamica politica o sociale), di fronte all’emergere di una sinistra esplicitamente neostanilinista e sovranista (PC Rizzo, PCI, Rete, Eurostop), di fronte alla permanenza di una sinistra riformista (FIOM, PRC, sinistra PD, ecc), di fronte cioè ad una possibile “tenaglia” che si è poi esplicitata nella dinamica dei cortei del 25 marzo, si individuava la possibilità di tentare un’operazione politica di demarcazione programmatica, rivolta all’insieme dell’avanguardia politica e sociale. L’ipotesi era cioè quella di provare a far emergere, nel panorama politico e nelle dinamiche di movimento, alcune discriminanti classiste e internazionaliste (permanenza sfruttamento capitalistica e centralità lavoro; necessità di un quadro internazionale di lotta, contro ogni ripiegamento sovranista o campista; ecc), attraverso la costruzione di interventi, campagne e mobilitazioni rivolte all’insieme della sinistra (ad esempio sulla questione di migranti e profughi, sull’Europa, sulla centralità del lavoro, ecc). Nel quadro di una Grande Crisi mondiale, segnata dal rapido succedersi di diverse crisi politiche, sociali e militari (rivoluzioni arabe, guerra siriana, Grecia, Brexit, questione curda, Catalogna, ecc), alcune discriminanti programmatiche sembravano infatti poter assumere evidenza di massa, in grado quindi di intercettare ed influenzare i processi di scomposizione/ricomposizione dell’identità di diversi settori di classe e della sinistra. L’obbiettivo era allora quello di provare ad innescare un processo di polarizzazione che potesse permettere, in una fase di arretramento generalizzato, di tenere se non sviluppare la coscienza politica almeno di alcuni settori di avanguardia (funzione generale di questa operazione), permettendo anche al partito di estendere una propria area di riferimento (funzione specifica di questa operazione).
Ritenendo troppo deboli le attuali forze del PCL per avviare autonomamente questo processo di polarizzazione, si riteneva che fossero presenti nella dinamica politica e sociale alcuni altri soggetti con questa minima caratterizzazione politica, e con cui quindi aveva senso verificare la costruzione di percorsi di unità d’azione (SA e SCR, SiCobas, Clash city workers, ecc). In questo quadro, anche a partire dalle difficoltà a costruire questo fronte di intervento sociale in una fase di scarse lotte e mobilitazioni, il cartello elettorale con SA e SCR poteva esser occasione non solo di un semplice “escamotage” per superare gli ostacoli della legge elettorale, non solo lo strumento per permettere al PCL di stare nella campagna elettorale con il suo simbolo ed il suo programma, ma anche l’occasione per far emergere nella propaganda di massa e nell’avanguardia larga gli immaginari, il programma e le discriminanti internazionaliste e classiste.
La dinamica politica e sociale di questi mesi, come detto al punto due, rende però evidente le difficoltà di avviare concretamente questa minima unità d’azione, tale da riuscire ad agglutinare una minima massa critica in grado di avviare processi di polarizzazione. Su questo, allora, vale la pena aprire riflessione nella prossima primavera (ad elezioni concluse), facendo bilancio di questa stagione politica, per capire che linea politica di fase adottare.
- Consapevoli del quadro e dei limiti qui sopra esposti, il punto è come impostare la nostra presentazione elettorale. In particolare in questi mesi abbiamo tentato di costruire, con evidenti sforzi, un cartello PCL-SA-SCR (non solo per aver più forze, ma anche per il suo profilo politico più complessivo). Per questo abbiamo dimostrato ampia disponibilità su simbolo, nome, attesa dei tempi di SA. In conclusione, però, siamo riusciti a chiudere l’accordo solo con SCR (anche se non ritengo inutile il percorso effettuato, che ha perlomeno fatto emergere le contraddizioni di SA). Come gestire allora questo cartello “ridotto” (nelle forze e nel profilo politico), in un contesto in cui il confronto programmatico non è più così centrale?
4.1 Io penso che, proprio perché il cartello è ridotto, e proprio perché il suo profilo non è immediatamente comprensibile neanche nell’avanguardia, sia importante sottolineare la sua impostazione programmatica complessiva. Di fronte al quadro avverso, cioè, ritengo sia necessario insistere e anzi rilanciare con più determinazione questa impostazione programmatica: non solo quindi un cartello di due forze, ma un cartello di due forze che hanno un’impostazione comune su alcuni tratti di fondo (classismo e internazionalismo in primo luogo). Nel rispetto pieno dell’autonomia di PCL e SCR, quindi della possibilità e della necessità di prevedere momenti separati ed autonomi di campagna elettorale (materiali, iniziative, ecc), ritengo però altrettanto importante (se non prioritario in questo diverso contesto), la costruzione e lo sviluppo di una campagna unitaria, in termini di materiali e di profilo dell’iniziativa. Per questo ho ritenuto importante fosse presente un nome della lista programmatico e non evocativo (“sinistra rivoluzionaria” e non “bandiera rossa”). Per questo non vedo negativamente l’inserimento del “per la” al suo incipit (che sottolinea appunto questo profilo programmatico). 4.2 Per questo ho insistito, relativamente al breve testo comune di presentazione, sull’importanza di una sua organizzazione che ricalcasse l’illustrazione delle sue attribuzioni programmatiche (classista, internazionalista, anticapitalista e comunista rivoluzionaria). Per questo ho insistito sull’importanza di una maggior riflessione su questo elenco. Perché ritengo fondamentale far vivere, dare consistenza e profondità, al profilo programmatico generale della lista: cartello di forze diverse che hanno però un minimo quadro comune. Ritengo cioè importante provare a sviluppare quella campagna di demarcazione nell’avanguardia larga che avevamo ipotizzato, a maggior ragione nel nuovo contesto che mi muove in una diversa direzione. Una campagna che, visto questa controtendenza, lavora oggi anche se non soprattutto in una dimensione prospettica e non immediatamente elettorale (punta a intercettare i successivi processi di frattura e crisi nella sinistra diffusa, più che un risultato significativo in queste elezioni).
4.3 In questo quadro, di conseguenza, ritengo sbagliato dare un’interpretazione del cartello elettorale come struttura “minima”, riducendo all’essenziale sia dal punto di vista politico sia da quello organizzativo la collaborazione delle due forze, conducendo di fatto una raccolta firme ed una campagna politica separata. Non solo e non tanto per i problemi organizzativi che questo comporta (che pure ci sono ed hanno una loro rilevanza, a partire dalla massa critica differenziale con gli altri soggetti in campo e da alcune norme della campagna elettorale – come quella che prescrive l’utilizzabilità degli spazi elettorali di propaganda solo con materiali che riportano il simbolo comune). Lo ritengo sbagliato da un punto di vista politico, perché in questo quadro si rischia di non esser compresi neppure nella ristretta avanguardia politica e di favorire (e non contrastare) processi di estraniazione con l’avanguardia larga (sociale e politica).
4.4 Questa impostazione deve quindi concretizzarsi in una serie di interventi concreti:
- E’ necessario preparare al meglio la presentazione pubblica della lista (nome, simbolo e programma), non solo con una conferenza stampa, ma anche con attenzione rispetto ai suoi tempi e modalità, accompagnandola poi con una campagna social (meme, immagini, slogan con foto, ecc) e magari radio (interviste in radio locali e di movimento).
- Per tutta la campagna di raccolta firme, è necessario curare la produzione di materiali social sempre diversi (manifesti comuni con slogan classisti, internazionalisti rivoluzionari, foto, slogan, ecc), realizzando anche una pagina fb ed un sito della lista.
- E’ importante costruire da subito, e poi per tutta la raccolta firme, incontri/assemblee pubbliche comuni nei territori principali (non avendo presumibilmente né il tempo né le forze per un evento centrale), a partire da tutti i capoluoghi di regione dove siamo presenti.
- E’ utile anche nella raccolta firme prevedere momenti comuni e coordinati (banchetti e iniziative), a partire dalla presenza a possibili eventi e situazioni (esemplificazione per capire: cortei 12 dicembre a Milano)
- Può esser utile prevedere un’assemblea nazionale comune a conclusione della raccolta firme.
- …. (ecc ecc; queste sono solo alcune possibili idee ed esemplificazioni, il punto è che ho voluto sottolineare il quadro politico dell’approccio che dobbiamo avere)
Sperando di esser stato chiaro (sintetico è sempre difficile), e di contribuire positivamente all’elaborazione e discussione del PCL, un abbraccio a tutti (e tutte, cioè Tiziana).
Milano, 25 novembre 2017
LS